Giuseppe Telfener

Giuseppe Telfener

Il foggiano che voleva fare grande l’America

di Tommaso Palermo

Giuseppe Telfener

Giuseppe Telfener nasce a Foggia, il 26 maggio del 1839. Il cognome tradisce l’origine tirolese della famiglia, trasferitasi per motivi professionali dalla val Gardena sino a Foggia, come avvenne per altre famiglie tirolesi tra cui i Sannoner e i Peratoner. La famiglia Telfener vive nel palazzo più antico della città, il palazzo Marzano Tafuri, sito fra via Arpi e piazza Mercato, già segnalato nella mappa dell’Angelica del XVI secolo.

Quando Giuseppe raggiunge l’età di 24 anni, Foggia vive uno dei più importanti traguardi nella storia del proprio sviluppo economico: il 10 novembre del 1863, infatti, viene inaugurata la strada ferrata di Foggia e, l’anno successivo, il tronco per Trani.

La sensibilità, la cultura e l’acume del giovane Giuseppe non trascurano sicuramente quei traguardi cui il territorio foggiano si sta aprendo. Il Meridione vede ormai tracciata una inarrestabile corsa alle strade ferrate e nel 1865, nella tornata del 28 marzo presso il collegio di Manfredonia, anche Ruggiero Bonghi si pronuncia con un importante discorso che esorta al riordinamento e all’ampliamento delle reti ferroviarie del Regno. Il 27 gennaio del 1867, viene inaugurata la linea per Benevento, aperta al momento fino a Bovino. Nel 1869 Giuseppe Telfener vede consacrato alle stampe il suo progetto di ferrovia economica per il tratto Lucera – Foggia e forse ancora non immagina quali altri progetti di strade ferrate lo accompagneranno verso una gloria oggi quasi dimenticata. L’anno successivo, finalmente, nel 1870, Foggia vede inaugurata la propria stazione ferroviaria.

É del 1873, invece, la data di fondazione della prima società dell’imprenditore foggiano. La “Società Telfener” viene costituita per un progetto ambizioso e oltreoceano: la costruzione della linea ferroviaria argentina fra Tucuman e Cordoba. Il periodico Il Diritto del 24 gennaio 1873 dà risonanza al sogno sudamericano, sottolineando il buon nome dell’Italia all’estero, alla cerimonia di inizio dei lavori: «[…]Gli italiani all’estero salutano con piacere, avendo letto i giornali argentini, le feste date dall’ingegnere Telfener di Foggia, capo di una grande Società, che ha cominciato la costruzione della ferrovia da Cordova a Tucuman. La bandiera italiana sovrastava alle altre della Repubblica Argentina, dell’Inghilterra e della Svizzera[…]».

Dopo due anni sono 400 le miglia di strade ferrate che vedono la luce ma il sopraggiungere di difficoltà tecniche ed amministrative faranno sì che il Telfener abbandoni l’opera prima della sua conclusione che avverrà sotto l’ègida di altri.

Il ritorno a Foggia vede, nonostante tutto, un acclamato benvenuto e Giuseppe Telfener viene eletto consigliere comunale, divenendo poi ufficiale della Guardia Nazionale e, nel 1877, conte.

Nel 1878, il 14 novembre, passano per la prima volta a Foggia, i reali di casa Savoia. Alle ore 13 il treno reale si ferma alla stazione per pochi minuti e le autorità foggiane ricevono l’onore di essere ricevute dal sovrano. Alla partenza del treno il Presidente del Consiglio Cairoli che accompagnava il Re, per rispondere agli applausi dei foggiani accorsi alla stazione, solleva per le braccia il Principe di Napoli, l’erede al trono Vittorio Emanuele, di 9 anni. É solo l’inizio di un momento di festa fra i Savoia e Foggia: i reali, infatti, tornano due giorni dopo per i festeggiamenti ufficiali e la visita della città, addobbata per l’occasione. Nel comitato per i festeggiamenti, con a capo il sindaco Micella, figura anche il Telfener, il quale si assume la maggior parte delle spese per far sì che l’accoglienza da parte foggiana avvenga nel modo più sontuoso: fa arrivare da Roma carrozze e cavalli finemente bardati e si prodiga per l’illuminazione elettrica del Teatro Dauno.

Telfener continua freneticamente il suo impegno nel commercio, arriva anche a finanziare con 12.000 lire la costituenda sezione di geografia commerciale della Società Geografica Italiana.

Giunge un anno importante, quello dell’Esposizione Universale di Parigi: il 1878; Giuseppe Telfener diventa commissario italiano per l’esposizione. L’onore è grande e il foggiano si attiva per attingere dal grande evento internazionale una serie di macchinari da collocare in un museo, in Italia.

Ne è testimonianza un articolo apparso sulla “Rivista della Beneficenza Pubblica e degli Istituti di Previdenza”, il 31 ottobre del 1878:” Il conte Telfener e gli Operai. — Pochi nomi al pari di quello del conte commendator Giuseppe Telfener, che deve unicamente al suo ingegno, al suo amore al lavoro i titoli ed il larghissimo censo che ora possiede, meritano d’esser conosciuti ed amati dagli operai. Il desiderio di giovare a tutto ciò che può tornar di decoro alla patria e d’utile alle classi sa viali meno fortunate anima continuamente l’egregio uomo, che a tale duplice santissimo scopo, con fina intelligenza, dedica ingenti somme. — Testé egli comperò, all’Esposizione di Parigi, una quantità di macchine svariatissime per portarle a Roma, ove costituirà con esse una specie di museo attivo, destinato ad istituire in Italia una quantità di piccole industrie di cui siamo tributari all’estero. Queste macchine si divideranno in tre sezioni: la prima concernerà la fabbricazione dei chiodi, punte dí Parigi, spilli, ferretti, ecc., ecc.; la seconda quella dei cuoi artificiali per tappezzerie e per mobili; la terza infine si comporrà di macchine da ricamo per cortine, calze di seta, ecc , ecc.: tutte industrie nuove per il nostro paese, facili a istituirsi, e per le quali occorrono capitali minimi. Onore all’intelligente e generoso cittadino! ”.

Il 1879 si rivela un anno molto significativo per il Telfener, ormai uno fra i più ricchi imprenditori italiani ed amministratore dei beni di casa Savoia. Qualche anno prima, nel 1872, a Roma, i Savoia avevano acquistato villa Potenziani (quella che sarà poi Villa Ada) estendendone la proprietà fino a 180 ettari; le esigenze e le scelte di vita fecero sì che la villa diventasse presto oggetto di vendita, a prezzo di favore, allo stesso Telfener. Il foggiano diventa così proprietario di una delle più importanti ville romane e, ribattezzandola “Ada”, fa sicuramente un gradito omaggio alla consorte, da poco impalmata (15 marzo). Ada Hungerford era figlia del magnate Daniel E. Hungerford e sorella di Louise, andata in sposa ad un altro imprenditore americano: John W MacKay, magnate delle miniere e delle telecomunicazioni; il matrimonio aveva tutto il sapore di un intreccio in cui amore e affari camminavano di pari passo verso grandi sogni.

Nel 1879 non manca una breve parentesi politica in quel di Foligno: il conte diventa deputato al collegio della città ma viene presto contestato per ineleggibilità al punto che lo stesso fa richiesta di dimissioni, il 27 novembre.

Treno

Poco meno di un anno dopo, il legame con il suocero e il cognato, darà alla luce un ambizioso progetto. Telfener guarda agli Stati Uniti d’America e il 18 ottobre 1880, assieme a Hungerford e MacKay, dà vita a Parigi alla «New York, Texas and Mexican Railway Company» che sarà attiva in Texas dal 17 novembre dello stesso anno.

L’idea di Telfener era semplice quanto ambiziosa: costruire la ferrovia utilizzando manodopera qualificata italiana cui avrebbe poi affittato la terra adiacente a modico prezzo, garantendosi così una base solida per il mantenimento della linea. Telfener, in effetti, secondo una legge texana del 1856 avrebbe in realtà ottenuto la terra gratis, vale a dire 16 sezioni di terra equivalenti a 640 acri, circa 4.150 ettari per ogni miglio (1.609 metri) di rotaie posate.

Telfener ingaggia circa 1.200 operai attraverso il suo agente Gaspare Fossati di Boccaglio, in provincia di Brescia. Il gruppo è composto soprattutto da comaschi, bergamaschi, bresciani e trentini che arrivano nella località di Galveston, in Texas, ai primi del 1881. Gli italiani vengono alloggiati in grandi tende con paghe varianti da 1.50 a 2.00 dollari a seconda delle mansioni.

Macaroni Line

É in questo periodo che nasce il caratteristico appellativo di questa linea ferroviaria in costruzione: la “Macaroni railroad”, legata al nome storpiato dei maccheroni, di cui evidentemente gli operai italiani si nutrivano.

Una serie di ineluttabili difficoltà sembrano abbattersi sul complesso cantiere dell’opera, rievocando la disgrazia già vissuta da Telfener quando, anni prima, il sogno sudamericano delle strade ferrate lo aveva portato a lasciare a metà dell’opera il suo primo sogno d’oltreoceano.

Il lavoro, arduo ed evidentemente complicato da questioni non facilmente prevedibili, porta i lavoratori di sbancamento ad abbandonare letteralmente i lavori.

Ne scaturisce addirittura uno scandalo che arriva a coinvolgere il ministro plenipotenziario del governo italiano a Washington, barone Saverio Fava, e l’incaricato d’affari in assenza del governo regio a Galveston, il vice-console francese Leon Glandut.

Gli italiani vengono assistiti e si appura che lo stato del Texas non elargirà nessun terreno gratis in quanto le terre libere sono esaurite ed una nuova legge revoca di fatto quella del 1856.

Nonostante la rete di complicazioni, il lavoro continua abbastanza celermente e il 4 luglio 1882 a  Victoria, sede storica dell’impresa, viene festeggiato il completamento della tratta  Rosenberg – Victoria. La lunghezza della ferrovia misura 91 miglia.

Telfener cede la sua proprietà al cognato John W. Mackay il 9 gennaio 1885, dopo l’annullamento dei permessi di costruzione. Quest’ultimo la rivende, lo stesso mese di settembre, alla Southern Pacific.

É ormai chiaro, agli occhi e alle finanze del Telfener, che la realizzazione di grandi tratti di strade ferrate e la complicata gestione della macchina finanziaria connessa non possono essere un sicuro investimento; forse per queste “ferite” da imprenditore il Telfener ritornerà su imprese simili su scala minore ed in Italia.

Mackay

Il tratto di ferrovia con i sei comuni che prendono il nome dei membri della famiglia Mackay.

Termina così il sogno americano ma l’impatto della “Macaroni Railroad” sulla storia e la cultura americana saranno tali che al foggiano verrà intitolata una città: Telferner, curiosa storpiatura del suo cognome. Non solo: anche Edna, Louise e Inez (figlie di Telfener), come Hungerford e Mackay vedono sorgere città con il loro stesso nome; l’America non dimentica il sogno del foggiano e consacra infine nella festa annuale del “Macaroni Fest” a Victoria, il mito della “Macaroni Railroad”.

La notevole ricchezza del conte, intanto,  gli permette di soddisfare un suo nuovo capriccio romano: acquista l’anfiteatro Correa e lo ribattezza Teatro Umberto I (a volte anche ricordato Anfiteatro Umberto I) in onore del re d’Italia. É il 1880 ed una convenzione del conte con lo Stato gli permette di restaurarlo ed abbellirlo. Il teatro è attivo, però, solo per pochi anni, prima di cadere in disuso e venire utilizzato, diversi decenni dopo, come cantiere per la posa dei materiali necessari alla costruzione del Vittoriano.

Intanto, in Capitanata, viene inaugurata la tratta ferroviaria per Manfredonia, il 12 luglio 1885 e quella per Lucera, il 31 luglio 1887. Tre anni dopo, gli ingegneri d’Orsi e Costantini pubblicano “Tranways a vapore in Capitanata”.

Il foggiano viaggia per l’Italia e sarà in Toscana che tornerà ad  acarezzare i sogni su strada ferrata.

Nel 1892, presenta un progetto per una “Stazione Estiva” da realizzarsi a Saltino presso Vallombrosa, a poca distanza da Firenze ed è di questo periodo un progetto ferroviario finalmente riuscito a pieno: la cremagliera fra Saltino e Vallombrosa, prima in Italia, dove Telfener affronta pendenze del 22%. Il tipo di ferrovia a cremagliera è un sistema efficace che prevede un’asta dentata inserita in mezzo alle due rotaie per consentire la salita del treno. Telfener fa registrare il brevetto della cremagliera che verrà citato per la prima volta sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia sul numero del 2 giugno 1892.

Nel 1895, ad Oscano nel perugino, sui resti di un antico fortilizio, la moglie del conte foggiano, la contessa Ada Hungerford, fa erigere in circa dieci anni, un falso castello medievale in stile neogotico, ispirato a modelli inglesi e toscani, secondo una moda “revival” molto diffusa in quegli anni, in cui è solita invitare l’voaristocrazia perugina ed esponenti della cultura italiana e tedesca.

Non si conosce il nome del progettista dell’ opera, ma è legittimo ipotizzare che sia stato   l’ingegner Censi di Roma, di cui esistono alcuni disegni del castello, probabilmente coadiuvato dal foggiano.

Improvvisamente,  però, la vita e l’opera del foggiano Telfener si interrompono: in circostanze non ancora chiarite, Telfener muore a Torre del Greco, il primo gennaio del 1898, quattro anni prima delle nozze della figlia Edna con il figlio del sottosegretario agli Affari Esteri; l’Accademia Nazionale dei Lincei conserva tuttora i ricordini funebri del foggiano.

Si spegne così la vita eccentrica, frenetica, poliedrica di un foggiano sopra le righe, un nome ignorato che resiste nel tempo in un paese a lui intitolato, lì nel lontano Texas, dove lui, foggiano dal sangue tirolese, aveva cercato di estendere oltre oceano i binari della propria lungimiranza ed intraprendenza.

Per approfondire:

  • New York Tribune, 1 aprile 1879

  • Eco d’Italia, 31 gennaio 1882

  • New York Times, 10 marzo 1887

  • Ferracciu, La rinunica del mandato politico, 1903

  • Montalcini, La legge elettorale politica, 1904

  • Vitulli, I teatri di Foggia nei secoli XVIII e XIX, 1993

Pubblicato il: 2 Ott 2014

 

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