Una cartolina racconta

“Lampi, storie & scorie di una guerra”

 

UNA CARTOLINA RACCONTA

(Foggia in difesa di Trieste)

Di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

de Seneen Luigi 2  Una vecchia foto, uno scorcio di una Foggia di altri tempi, neanche troppo lontani. Palazzi antichi, grossi portoni, quelli tipici delle case padronali che diventavano anche rimesse per carrozze.

         Panni stesi ad asciugare, la vita quotidiana. Forse una primavera inoltrata, donne con abiti leggeri a maniche corte. Il cartello di una bottega o di un piccolo commercio, carrozza, pariglia di cavalli e cocchiere in divisa con tuba sulla testa. Non è la tipica carrozza di città  con un solo cavallo, i taxi di un tempo, stazionavano davanti alla stazione, a Piazza XX Settembre, è proprio una carrozza di famiglia, signori, forse l’ultima e forse è diretta proprio verso quel portone.

Lavoro, commercio, vita in ripresa.

L’uomo in primo piano è partito per la guerra, fronte russo, nell’aprile del 1942, rimpatriato è rientrato a Foggia, dopo tre anni di prigionia, nel novembre del 1945. La foto è da collocarsi in un periodo che va dalla primavera-estate 1946, ad appena qualche anno dopo.

Gli occupatori, poi alleati anglo-americani, sono andati via, è finita la guerra combattuta ed è già clima di guerra fredda. Non tutto è ancora sistemato nello scenario europeo, in particolare in Italia e per gli italiani che hanno affrontato un conflitto mondiale partendo da una posizione e concludendolo su un’altra. Situazione complicata, in precipitare continuo, un rincorrere sempre.

Spariti dai muri i manifesti con l’invito imperativo: “Taci! Il nemico ti ascolta”, i muri della città continuano a parlare (scritte, segni) di storie ed eventi locali, ma anche di carattere nazionale.

Le scritte “D.D.T.” seguite da una data  sulle cantonate di palazzi e case, e di queste se n’è già parlato altrove, richiamano l’ultima somministrazione nella zona di quel potente prodotto arrivato in Italia e a Foggia con le truppe anglo-americane.

Di rilevanza nazionale, ma soprattutto internazionale, la scritta ai due lati del grosso portone “Difendiamo Trieste”, riferita alla delicata e complessa “Questione Giuliana” o “Questione Triestina”. Solo due parole che affondano le radici nell’esito della precedente guerra mondiale, la prima, e riportano alla mente D’Annunzio e l’occupazione di Trieste.

de Seneen Luigi

Un delicato caso di frontiera che si ripresenta, alla fine della seconda,  con la conquista di quel territorio da parte dei partigiani iugoslavi del generale Dusan Kveder, “i titini” nelle cui fila combattono molti partigiani italiani, che scaccia gli occupatori tedeschi e apre le porte a quel periodo che verrà ricordato nella tragedia delle foibe, degli esodi di massa dall’Istria e dalla Dalmazia, con la perdita di territorio italiano, esiti dell’italianizzazione forzata di quelle zone durante il ventennio fascista. Una storia, una delle tante, che non trova ancora una lettura condivisa.

E quel “Italiani difendiamo Trieste”,  sui muri di Foggia, il contributo locale, non sappiamo quanto condiviso, ad una visione, ad una soluzione del problema che inizierà a trovare uno sbocco definitivo solo nel 1954.

Sotto la scritta “Trieste” una “U”, sicuramente la donna di spalle con vestito a bretelline nasconde una “Q”, la firma della scritta sovrastante: l’UOMO QUALUNQUE, o meglio Il Fronte dell’Uomo Qualunque un movimento, fondato dal giornalista Guglielmo Giannini , divenuto partito politico nel 1946.

Casualità o ironia della sorte, l’uomo in foto, classe 1915, è stato militare di leva a Trieste nel 12° Regg.  Fanteria nell’aprile 1936.

 

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