Primavera foggiana

Primavera Foggiana

Ricordi di Michele Sepalone

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Repentinamente, l’inverno passò il testimone ad una calda primavera dauna: i colori e la musica di essa furono una vera scoperta per Michele.

Difatti egli potette assaporare, per la prima volta conscio, il dolce aroma della vita che rinasce dopo il grigiume plumbeo della stagione fredda, nell’eterno alternarsi di morte e vita.

Anche le pagine del sussidiario sul quale l’indimenticato maestro Saurino faceva studiare i suoi ragazzi, diventavano più colorate in quel periodo dell’anno scolastico, mentre i racconti e le illustrazioni degli autori avevano per tema proprio quella straordinaria stagione.

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In quei giorni di infantile spensieratezza, Michele ascoltava il chiacchiericcio sommesso ed animato degli uccelli che diventava frastornante, quasi una preghiera al Signore, quando il rosso del tramonto infuocava il cielo trasformandolo in una immensa tavolozza d’artista, fino a giungere al blu cobalto punteggiato dalla Via Lattea. Di fronte a questa infinità, Michele si perdeva e si interrogava sulla grandiosità dell’opera di Dio, ne sentiva quasi il respiro e si faceva piccolo piccolo.

Gli occhi ed il cuore spaziavano in quella natura così vicina e confidenziale: il canto imperioso del gallo dal multicolore piumaggio, il rotondo chiocciare d’una gallina che covava le uova che sarebbero diventati soffici pulcini o il latrato d’un cucciolo ad un ramarro impaurito appena uscito dalla tana sotterranea per scaldarsi al primo sole.

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Gli pareva di udire lo scoppiettìo delle vergini gemme che sui rami del mandorlo si aprivano in mille fiori dalle sfumature bianche e rosa.

Tra i tantissimi esili fili d’erba dal verde brillante, spiccava la malva dalle vivaci corolle alternata a distese bianche e gialle di camomilla.

Vicino alle ordinate siepi di ligustro odoroso, ma un po’ più in là, il roseto che attirava, stordendole con i propri effluvi, le cetonie dal dorato dorso verde-cangiante.

Le api sfrecciavano nell’aria vorticosamente; poco distanti, tra i grappoli gridellini del lilla, volteggiavano leggiadre farfalle dai fragili colori sfavillanti. Alcune a coppie, s’inseguivano disordinatamente in una danza d’amore, preludio al prossimo perpetuante accoppiamento.

Nel fossato che costeggiava il muro di cinta ad est, una gatta nera con un occhio chiazzato di bianco, difendeva con panteresca ferocia la nidiata di ciechi batuffoli.

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I ragni già disponevano le loro trappole mortali nelle quali si sarebbero inutilmente agitate, alla ricerca di una vana salvezza, alcune effimere.

Il vento fresco faceva ondeggiare le svettanti cime dei pini resinosi e degli abeti secolari sui quali Michele si arrampicava con incoscienza, per emulare gli alpinisti italiani che qualche tempo prima avevano conquistato la seconda vetta più alta del mondo: il K2!

MIchele Sepalone

Nella grossa cisterna, ricolma d’acqua stagnante che veniva utilizzata da suo padre per irrigare l’orticello ed il piccolo campo presto rallegrato dalle gialle pannocchie di granturco, sciavano beati, piccoli, leggerissimi, eleganti insetti dalle lunghe zampette: le idrometre, come poi avrebbe appreso quando la passione per la natura e la sua conservazione assunse contorni più nitidi in lui. A volte, aveva modo di osservare, impotente, la muta disperata agonia d’una rossa coccinella scalcitante, riversa in quell’acqua.

Il sole abbagliava mentre inondava con il suo calore vitale la terra, riflettendosi sui candidi lenzuoli che sua madre metteva ad asciugare sullo spiazzo in terra battuta dietro la casa, schiarendo ancor più l’azzurro del cielo.

Sull’albicocco file interminabili di nere formiche laboriose: un andirivieni solo apparentemente caotico.

Il frinire d’una cicala, svogliata, sul melograno che avrebbe portato i suoi rossi e succosi frutti.

Al di là della capanna di legno degli attrezzi, la coppia di mastini napoletani, Romeo e Giulietta, avendo perduto a causa dell’avanzare dell’età la nota aggressività, attendevano apaticamente, all’ombra del maestoso eucalipto, la morte che di lì a poco sarebbe sopraggiunta.

E, appoggiata alla rete del piccolo pollaio la passiflora, a ricordare ad una umanità sempre più distratta, il grande gesto d’amore, il sacrificio estremo di un Dio fattosi carne per noi.

Dedicata ai miei genitori

Sepalone

Tutte le foto sono scattate all’interno dei Giardini di Maria Grazia Barone (FOGGIA)

 

 

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