Fame e borsa nera 1^ parte

“Rombi,  storie & scorie di una guerra”

FOGGIA OCCUPATOR

(Ricordi di soldati americani durante il periodo di occupazione)

FAME E BORSA NERA

1^ parte

La borsa nera è quel fenomeno di accaparramento ed occultamento di beni di prima necessità, alimentari soprattutto, sottratti al libero mercato e alla libera circolazione, per poi farli riapparire in un mercato parallelo, “mercato nero”,  a prezzi di molto maggiorati. Il fenomeno si sviluppa in particolare durante un periodo di guerra per una serie di concause.

L’industria civile, del tempo di pace, si trasforma in industria di guerra, la partenza per il fronte degli uomini lascia grossi vuoti in particolare nel settore agricolo, gli stessi uomini al fronte vanno sostenuti, si razionano i viveri, e non solo per i civili, chi ha, tende a conservare anche il di più per l’insicurezza dei tempi. Più la gente è costretta a rivolgersi al mercato nero, più il mercato libero perde colpi.

Foggia non ne è immune anche nei primi anni del dopoguerra, durante il periodo di occupazione anglo-americana, ed è proprio un militare americano di stanza a Foggia che in un suo racconto-ricordo parla di un evento con finale tragico.

“Dopo aver smesso i combattimenti aerei durante la seconda guerra mondiale, Stuart Hodes ed io partecipammo all’occupazione dell’Italia. Nell’occasione pubblicammo un giornale militare a cadenza settimanale chiamato ”Occupator Foggia”.

Borsa nera 2

“Eravamo sempre alla ricerca di notizie. Una volta mi sono imbattuto in una rivolta per la fame in cui la gente a Foggia sequestrava un treno che stava tentando di portare grano fuori dalla città.

“Un uomo cadendo dal treno in movimento, quando vide la mia macchina fotografica, venne verso di me allargando le braccia per mostrare il suo volto insanguinato e dicendomi: ”Guardate cosa mi hanno fatto!”.

“Fotografai le scene della rivolta e il lancio di pietre, ed una per poco non colse anche me, ma le immagini le pubblicammo su “Foggia Occupator”.  Inviammo anche copie delle foto, che devo dire erano venute piuttosto bene, su giornali locali perché la gente del posto le vedesse. Un certo numero di residenti fu felice di vedere quelle foto  che ritraevano il linciaggio di chi si dedicava alla borsa nera.

Borsa nera 3

“I rivoltosi scagliatisi su quelli che facevano il mercato nero, e fermato il treno, li picchiavano con grossi bastoni e mazze. Nessuno, però, è stato ucciso. Stabilimmo un accordo col giornale “Stelle e Strisce” di Roma. Quello era un “vero” giornale, e spesso per telefono gli passavamo storie del Sud Italia, in cambio delle quali essi ci hanno dato forniture di flash per macchine fotografiche di cui non avevamo mai abbastanza.

“Il giorno dopo la rivolta, inviai per corriere aereo negativi e foto della rivolta che avevo ripreso.

“I rivoltosi, in qualche modo, si erano procurati una bandiera americana, quella foto mi mise un po’in difficoltà perché agli alti vertici militari vedendola poteva apparire come se la sommossa fosse stata organizzata dagli Americani.

Borsa nera 1

“Poco tempo dopo ho ricevuto una telefonata da Mortimer Belshaw, il corrispondente da Roma dell’Associated Press, con cui mi diceva che le foto gli erano piaciute, e chiedeva se fossi interessato ad un’offerta da New York. Risposi che la cosa mi avrebbe fatto onore.

“Circa due settimane dopo arriva una lettera da casa, mia madre mi chiedeva se avessi assistito a quella terribile rivolta per il cibo a Foggia. Nella  busta c’erano ritagli del New York Daily News, The Mirror e del Journal American. C’erano le mie foto. Ero diventato famoso!

“Beh, se non famoso potevo essere ricco. Avevo sentito parlare di agenzia di stampa che pagavano grosse somme di denaro per belle foto. Presi in fretta il primo aereo Air Corps per Roma per andare a trovare Belshaw.

“All’arrivo Belshaw mi salutò calorosamente e mi disse quanto offrivano a New York per le foto. Il fatto avveniva in coincidenza con l’incarico che l’ex Sindaco di New York, Fiorello La Guardia, stava assumendo quale ambasciatore itinerante per risolvere il problema della carenza di cibo in Europa. Perciò le foto erano arrivate al momento giusto e molti giornali americani le usavano.

“Quanto Valgono?” chiesi a Balshaw. “C’è una tariffa standard di tre dollari a foto” egli mi disse “a New York ne hanno prese sette quindi posso darti ventuno dollari”.

“Ventuno dollari!

“Non piango facilmente, ma dovetti reprimere la rabbia in quel momento. Ci pensai un po’, e mi resi conto che non c’era niente da fare. Associated Press aveva già le foto, io le avevo fatte mentre ero in servizio con l’uniforme, con una macchina fotografica militare, non era neanche di mia proprietà: “Non voglio i ventuno dollari” gli dissi “ma dammi dei flash per la macchina fotografica per lo stesso valore”. Non ne avevamo mai abbastanza.

Belshaw accettò immediatamente, stavo andando via quando mi invitò a bere una tazza di caffè. No, ero troppo arrabbiato per l’accaduto. Quindi, ho messo i pacchetti di flash sotto il braccio, e completamente avvilito mi sono recato a prendere il primo aereo per Foggia.

Gene Cowen

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