La guerra e la terra

La guerra e la terra

 Testimonianza raccolta da Raffaele de Seneen e Romeo Brescia, il 10 dicembre 2014

Scritti

Una storia tipica del nostro Tavoliere che si è ripetuta centinaia di volte. Tanti attori diversi, tante vite intrecciate.

E come tutte le storie c’è chi ha potuto raccontare la sua, altri ne sono stati privati. Chi l’ha trascritta, libri famosi, ma anche cose più modeste, non meno preziose ed apprezzabili, diari ad uso familiare: un manoscritto, diciassette pagine su carta uso bollo.

Ed è proprio una guerra, quella del 15/18 (ne ricorre il centenario), i sacrifici profusi al fronte da Antioco Cobuzzi che gli consente di avere in assegnazione trenta ettari di terreno da coltivare, il Podere 111 dell’Opera Nazionale per i Combattenti sulla strada per Napoli, quella che porta a Borgo Segezia.

Antioco, bracciante agricolo, moglie e figli caricano le loro poche masserizie su un carretto (traino) e dal loro paese di origine, Panni, scendono nella piana per insediarsi nel podere, novelli pionieri, per iniziare una nuova vita. E’ l’anno 1939.

Ma già un’altra guerra bussa alle porte, probabilmente non è stato fatto neanche il primo raccolto di grano che il figlio Giuseppe parte soldato.

Cobuzzi  Giuseppe

Cobuzzi Giuseppe

Una guerra per definire il confine Nord dell’Italia quella del padre, una guerra per allargare i confini d’Italia quella del figlio. Sempre terra, la guerra e la terra!

Giuseppe Cobuzzi classe 1918, oggi arzillo e lucido vecchietto, in una fredda mattinata di dicembre, ospiti nella sua bella casa di campagna, ci riscalda e ci avvince facendo scorrere come un fiume i suoi ricordi per circa due ore.

Tutto inizia nel febbraio del 1940: da Foggia a Barletta e da Barletta a Bari in treno, poi per mare, destinazione Rodi Egeo.E’ uno dei pochi del suo raggruppamento, circa 2.000 soldati, ad avere un titolo di studio (5^ elementare) e questo gli consente di essere subito impegnato come telefonista.Tutto passa per le sue orecchie, anche le telefonate e gli ordini più importanti, quella per esempio, ricorda, del Generale Cesare Maria De Vecchi che lo mette in particolare allarme.Il giorno seguente, infatti, gli alleati tedeschi che con gli italiani condividono il presidio dell’isola, li disarmano facendoli prigionieri: l’8 settembre!

Libretto personale

Trasferiti in aereo ad Atene inizia il tempo della fame, del freddo e delle privazioni.Poi un lungo viaggio in treno, paglia per giacigli, verso la Germania toccando, così ricorda, Romania, Bulgaria, Serbia, Croazia ed Austria con destinazione un campo di concentramento a Lipsia da spartire con russi, francesi ed inglesi. Gli italiani usufruiscono di baraccamenti da poco lasciati liberi da ebrei.Giuseppe è persona mite e timorata di Dio, la sua dislocazione nell’Egeo non lo mette a confronto diretto con la guerra guerreggiata, non sembra avere l’animo del combattente, in lui prevale l’istinto di conservazione tipico del contadino più aduso a “pala e pico” che al moschetto, che la terra la conquista in un altro modo coltivandola, preferendo versarci sopra il suo sudore e non il sangue, Giuseppe accetta lo stato di prigionia.

Ed è l’istinto di conservazione che lo spinge ad inventarsi calzolaio nel campo, ha visto tante volte il fratello esercitare quel mestiere, ma non si fa convincere a passare dall’altra parte anche se vede i suoi superiori picchiati ed umiliati al rifiuto.

COBUZZI

E’ sempre la terra che lo chiama, la sua, e per ben due volte si fa coinvolgere in fughe dal campo, riacciuffato la prima, miglior sorte nella seconda quando increduli e timorosi vanno a sbattere nelle braccia degli americani che stanno sopravanzando.

La libertà è a due passi, si fa per dire. Trasportati in Belgio e di lì in Francia a Marsiglia dove vengono imbarcati: “I francesi volevano buttarci a mare!” racconta, poi lo Stretto di Messina: “Che paura, come si fa ad attraversare uno stretto!?”, quindi sbarcano a Taranto, sono in tanti e quando capiscono che li stanno sistemando in baraccamenti per un tempo  indefinito, è di nuovo il richiamo della propria terra, ormai a due passi, che li porta ad ammutinarsi e riprendere, ognuno, la via di casa.

E’ un giorno di maggio del 1945 quando arriva a Foggia: stazione distrutta, città irriconoscibile, solo con l’aiuto di un commilitone del posto riesce a trovare ed uscire da “Porta Napoli”, è la strada per casa. che percorre a piedi: “Finalmente…. dopo tanto penare, perché qui almeno un pezzo di pane ed una coperta non mi sarebbero mancate!”

Pane, farina, grano, dopo la guerra il ritorno alla terra, e in essa riposte tutte le speranze di una vita serena e pacifica.

Vestito da Sposa

Oggi Peppino (96 anni) continua a raccontare e raccontarsi a figli, nipoti e pronipoti, rispettato ed ascoltato con attenzione da tutti; la sua discendenza nata dal matrimonio con Assunta (ottobre 1945). Assunta col vestito bianco da sposa, lo conservano ancora in famiglia, confezionato con la stoffa in seta di un paracadute abbandonato dagli alleati.

Ancora stralci di guerra che la terra conserva.

 

 

 

 

COPYRIGHT © 2014 TUTTI I DIRITTI RISERVATI

 

Articoli recenti