Sbracciantizzazione

SBRACCIANTIZZAZIONE

 di Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

         Un termine che solo a pronunciare rischi di inciampare, poco piacevole all’orecchio, di così raro uso che sicuramente in molti non l’hanno incrociato una sola volta in tutta una vita.

E’ un termine che non ha sinonimi, a cui ci non arrivi con un breve giro di parole, è quello e basta, forse non ha neppure un contrario, eppure esprime un fenomeno di grande portata con incidenze sociali, culturali, economiche e politiche.

E’ tornato in auge da non molto, quando ciò che vuole esprimere oggi, che è diverso da quello di ieri e lo vedremo, è arrivato al clou: calo irreversibile, abbandono e rifiuto del mestiere di bracciante agricolo. Parlo della nostra classe bracciantile, quella delle lotte dei primi del 1900, ridotta agli sgoccioli e sostituita nel tempo da braccia dell’est e nordafricane.

Per noi ora un lavoro marginale, residuale, a finire, da delegare ad altri. Molte le cause: la meccanizzazione in  agricoltura, che non è un male, ma espelle manodopera che deve trovare ricollocazione, l’attrazione del lavoro in fabbrica iniziato col boom economico, le riforme agrarie mai portate a termine, l’acqua per irrigare arrivata troppo tardi dove non c’era, il carattere di stagionalità, il lavoro usurante.

Ma il termine è ben più vecchio, e sempre riferito alla nostra classe bracciantile, inurbata soprattutto nel nostro meridione, assunse nel “ventennio”, e fino al 1939/40, gli aspetti di uno stravolgimento epocale nei luoghi e nelle persone: sbracciantizzare città e paesi, cioè favorire l’esodo, travasare,  portare la massa della classe bracciantile inurbata nelle campagne agricole a viverle e coltivarle non più come giornalieri, salariati, stagionali, ma stabilmente, con forme di compartecipazione (mezzadria, colonia), o diretta con l’assegnazione a miglioria, con promessa di vendita o in affitto.

Questo fenomeno si incrociò con “la battaglia del grano”, con l’esproprio dei latifondi e ancor più con “la battaglia per le bonifiche” che ne fu da prologo, se n’è già parlato.

Affonda le sue origini nella necessità di dare una risposta ai reduci e combattenti della Prima Guerra Mondiale, raggiunge lo scopo di rompere tutto quel movimento di cooperazione che si era creato fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, di leghe di resistenza e miglioramento, rosse o bianche che fossero, svuota paesi e città da quella classe, i braccianti appunto, che possono costituire una spina nel fianco del regime, comunque da tenere sotto controllo, per i loro endemico stato di precarietà economica.

La Puglia , il Tavoliere, Foggia capoluogo avranno un ruolo importante anche in questa occasione.

Borgo Incoronata

Nello stesso Piano Regolatore dell’epoca del Comune di Foggia era inserito l’indirizzo per la creazione di borgate rurali che fossero collegate alle diverse aziende agricole sparse nel territorio. Gli eventi bellici ne permisero solo in parte l’attuazione. Alcune non furono ultimate, altre non videro mai la luce.

L’O.N.C. costruì Segezia, Cervaro, Incoronata (non ultimata), Giardinetto. Per la progettata Daunilia non furono avviati neanche i lavori. Il Consorzio Generale di Bonifica si occupò di Tavernola, Mezzanone (ex La Serpe), Siponto e Duanera la Rocca.

Daunilia

La sbracciantizzazione attuata durante il “ventennio” diede origine anche ad un altro fenomeno, quello della migrazione interna, da regione a regione, molto più accentuato nell’Agro Pontino, ma che anche nel Tavoliere ebbe un esempio molto più circoscritto, non meno importante come fenomeno sociale, una bella storia non finita proprio bene: “L’enclave veneta”, così mi piace chiamarla, ma ne parleremo un’altra volta.

In parallelo alla sbracciantizzazione, stesso lo scopo, la c. d. “Ruralizzazione forzata”, che con una Legge del luglio 1939 impediva a chiunque di trasferire la propria residenza in comuni con più di 25.000 abitanti o in comuni capoluoghi di provincia a meno che non si dimostrasse di aver trovato una sicura forma di sostentamento. Si vietava ai lavoratori agricoli di allontanarsi dalla terra in cui erano nati e alla cui coltivazione erano addetti.

Assegnatari ONC

La foto proposta, raro documento storico, raggruppa solo una parte degli oltre settecento assegnatari di poderi dell’Opera Nazionale per i Combattenti in occasione della trasformazione e appoderamento del Tavoliere di Puglia. Gli assegnatari erano tutti reduci della Guerra 15/18. Nella foto, accanto all’assegnatario il figlio, o i figli più grandi d’età.

Si ricorda che a Foggia ebbero sede degli Uffici centrali dell’O.N.C. per il Tavoliere, la struttura ancora esistente, in Corso Roma, è attualmente sede del Consorzio Generale di Bonifica.

 

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