‘I schernùzze

‘I schernùzze

di  Raffaele de Seneen  e  Romeo Brescia

Lucciole 3

    Chissà poi perché questo termine dialettale, la provenienza, il senso, per individuare, un insetto, nient’affatto fastidioso o pericoloso, come la lucciola.

Un detto dialettale tutto nostro: Tìne l’ùcchije cùme a nu schernùzze, sta ad indicare gli occhi stanchi ed affievoliti di una persona, come la luce flebile di una lucciola nella notte.

Bisognava attendere una calda serata d’estate, luglio-agosto, per vederle comparire dal nulla, fra i tronchi degli alberi di un boschetto, da un campo ancora con le stoppie.

Una, due, poi tre, poi tante. Tanti puntini in volo con lampeggio intermittente, i maschi, segnali e richiami d’amore per le femmine a terra che rispondevano alla stessa maniera. Effetti speciali di tempi normali.

Ma erano quelli in volo che interessavano, facevano più scena. Si poteva lanciare la mano nel nugolo intermittente e chiuderla a pugno per acchiapparne una. Poi si apriva, una luce nel palmo, gli ultimi lampeggi.

Scomparivano all’improvviso come all’improvviso erano arrivate. A volte, bisognava attendere un’altra estate.

Non se ne sono viste più. Certo la città non è il loro posto ideale, e combinare un appuntamento in aperta campagna impossibile.

Però, non se ne sente neanche più parlare. Forse scomparse, estinte almeno nelle nostre zone!

Il progresso, fatto anche di insetticidi, diserbanti e quant’altro ci ha privati di un poetico momento d’incanto, almeno per chi le ha viste una volta. Molti, le nuove generazioni, non ne avranno mai l’occasione.

Lucciola

Lucciola, lucciola

vieni da me,

che ti regalo il pane del re.

Il pane del re e della regina,

lucciola, lucciola,

vieni vicina.

Copyright © 2014 Tutti i diritti riservati

Articoli recenti