LA CLINICA DEL TEMPO
di Raffaele de Seneen e Romeo Brescia
Ne sono rimaste veramente poche, forse pochissime a livello artigianale; sono le botteghe da orologiaio.
Oggi, gli orologi non si fermano più, almeno fino a quando non si esaurisce la batteria interna. Costosi o no, pregiati o meno il loro cuore pulsante sta in quel dischetto di acciaio.
Poi, ci sono gli orologi “cinesi”, usa e getta, che non sanno cos’è un’asse bilanciere, un ingranaggio e costano così poco che quando si fermano non vale neanche la pena di chiedersi il perché.
Eppure, questi piccoli laboratori, gli “omini” a testa china che stanno dietro il banchetto quasi sempre con l’occhio prolungato da una forte lente di ingrandimento, quei pochi rimasti sembrano proprio lottare col tempo, loro che in un certo senso lo hanno controllato, il tempo, di tanti clienti, segnato da orologi da polso, “cipolle” con catena da taschino, sveglie, orologetti da donna, pendole.
La bottega dell’orologiaio come la clinica del tempo. Lì, unica eccezione, il tempo arriva fermo rappresentato da due lancette stanche di rincorrersi, perché il meccanismo che le muoveva, quello di una volta, ha smesso di funzionare.
E lì il tempo riprende a (s)correre. L’orologiaio padrone del tempo, fino al punto di correggerlo se lo anticipa o lo ritarda, fino al punto di sconvolgerlo, creandone uno tutto suo, che non corrisponde a quello comune agli altri, spostando le lancette avanti o indietro.
Dal “lirismo” alla realtà
Foggia, Vico De Nisi civico 8, il portone accanto porta in cima “1920”, ma la zona è più antica e centralissima.
Se passate, e se proprio non volete entrare per disturbare, date uno sguardo attraverso i vetri della porta, Antonio De Biase ottantaquattro anni, classe 1931, l’orologiaio che sa ancora destreggiarsi fra rotelline dentate, molle e assi bilancieri, è lì da mezzo secolo, seduto dietro il suo banchetto, a “curare” apparecchi segnatempo.
Persona garbata e disponibile, forse il nostro ultimo orologiaio tradizionale.
Se entrate nella sua bottega, vi perderete a guardarvi intorno, ad osservare le sue mani antiche impegnate al lavoro.
Alle pareti vecchie “carcasse” di pendoli e orologi a muro mai ritirate dai clienti, ferme, così come il tempo che si respira e si ferma anch’esso, per pochi attimi, qualche minuto, accompagnato da una sommessa orchestra di tic-tac, quanto necessario a far cambiare la batteria al proprio orologio e dare uno sguardo alle vecchie foto esposte, quando, da giovane le sue mani gareggiavano in velocità col tempo.
Poi, appena fuori, il tempo ricomincia a scorrere e a correre: viavai di pedoni, file di macchine in movimento, file agli sportelli, luccicanti vetrine di negozi che ti invitano a comprare, a consumare ….. anche il tempo.
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